giovedì 11 dicembre 2008

KRISMA - Chinese Restaurant (1977)

Italia docet
Per anni ho sottovalutato il peso avuto dai Krisma nel panorama rock italiano, memore di alcune loro partecipazioni a trasmissioni Mediaset di stampo "revivalistico" che mi avevano scoraggiato ad approfondirne la conoscenza. Ho dovuto ricredermi quando, alcuni anni or sono, ebbi la fortuna di trovare, tra gli scaffali di un mercatino musicale, questo loro raro vinile, "Chinese Restaurant", inciso quando ancora si chiamavano Chrisma. Lo acquistai, lo ammetto, solo per il prezzo allettante (a quel tempo, se non ricordo male, 8000 lire). Tornato a casa, misi il disco sul piatto ed iniziarono a fluire le canzoni, un punk-rock elettronico decisamente gradevole. Nella mia mente ho iniziato a fare paragoni con questo o con quel gruppo new wave inglese degli anni ottanta, finché non mi è andato l'occhio sull'anno di produzione: 1977. Ed i conti non tornavano più: tutti i gruppi ai quali li avevo paragonati erano nati dopo quella data. Straordinario! I Chrisma erano avanti anni luce a tutto il techno pop degli '80, anche a quello anglosassone. Ma chi sono i Chrisma (Krisma dal terzo album), ossia Maurizio Arcieri e Christina Moser?

Maurizio Arcieri, nato a Milano nel 1945 e trapiantato giovanissimo a Londra, torna dopo diversi anni in Italia con le idee ben chiare sul fatto che il suo futuro, d'ora in poi, sarà nella musica. Diventa subito il leader di una band "beat" dal nome New Dada, con la quale si toglie delle belle soddisfazioni, come ad esempio aprire i concerti dei Beatles durante la tournée italiana del 1965. All'apice del loro successo, i New Dada si sciolgono e Maurizio decide di intraprendere la carriera solista. Ottiene un buon successo grazie ad alcuni 45 giri ed un paio di albums, "Trasparenze" e "Maurizio". È in questa fase della sua carriera che conosce Christina Moser, una sua giovane ed avvenente fan, che presto diventerà sua moglie. Una profonda crisi creativa colpisce Maurizio dal 1970 al 1976, risolta con la decisione di tornare in Inghilterra insieme alla compagna e dare vita ad un nuovo progetto: i Chrisma (la ragione sociale è la contrazione dei loro due nomi, CHRIStina e MAurizio). Il duo ha un contratto con la Polydor, dove è direttore artistico Nico Papathanassiou, fratello di Vangelis, con il quale nasce una lunga e proficua collaborazione. Due singoli di scarso successo, "Amore" e "U", subito stroncati dalla critica italiana, quindi la decisione di cantare in inglese per il loro album di debutto "Chinese Restaurant". Immersi nella Londra dell'esplosione punk, decidono di abbracciare le nuove tendenze unitamente alla sperimentazione degli strumenti elettronici, attirando l'attenzione di prestigiose riviste di settore. Il loro rock elettronico, unito ad un look fatto di capelli ossigenati, giubbotti in pelle e spille da balia come "piercing", in linea con le tendenze d'oltremanica, risulta scioccante per la platea italiana. Durante la promozione del disco, a causa del loro look oscuro, vengono attaccati dal pubblico politicizzato dell'epoca e accusati di essere simpatizzanti di destra (durante un concerto del tour italiano, beccato da alcuni soggetti in prima fila, Maurizio si ferisce un dito con una lametta e lo ficca, insanguinato, in bocca ad uno dei contestatori).

"Chinese Restaurant" vede la luce nel fatidico 1977 e subito vengono fatti accostamenti importanti: il "New Musical Express" li definisce come i Velvet Underground dell'elettronica. Infatti il brano d'apertura, "Thank You", con il suo incedere lento e minaccioso, è un lungo mantra strumentale con tastiere bene in evidenza. La seconda track, "Black Silk Stocking", è sicuramente uno dei pezzi più interessanti dell'album: ritmica incalzante, lamento di chitarra, tastiere futuristiche, che gli conferiscono un mood techno-rock, ed il cantato della Moser asettico ed ossessivo. "Lola", brano tra i più celebri della band, è un tango elettronico avvolgente, con arpeggi di chitarra acustica, tema di archi sintetici e tastiere ad imbastire trame semplici, ma ben intersecate tra loro. Christina canta in modo molto sensuale, sebbene la voce sia stata filtrata da un effetto elettronico. "C-Rock" parte a razzo con batteria e basso, strumenti che domineranno tutto il pezzo, seguiti da frasi ripetitive di chitarra-tastiera e dal cantato robotico di Maurizio. "What For" punta più sul rock, con i suoi profondi accordi di chitarra, e Maurizio canta in modo aggressivo, memore del punk primitivo degli Stooges. "Wonderlust" ricorda certe primissime cose dei Tuxedomoon ("New Machine") nei suoni del sintetizzatore e nell'incedere meccanico della ritmica. In "Lycee" la coppia canta romanticamente su tappeti sintetici di straordinaria bellezza, che, uniti a passaggi profondi di tamburi orchestrali disturbati da riff graffianti di chitarra, creano originali sensazioni di sapore mitteleuropeo. "Mandoya" chiude con atmosfere più dilatate, la ritmica è affidata ad una drum machine, sottofondo di chitarra acustica e sferzate di sintetizzatore nei passaggi tra un cantato e l'altro, in perfetto stile new wave, costruiscono il resto del brano.

"Chinese Restaurant", considerando la data di pubblicazione, è molto avanti per i suoi tempi e questo rende merito all'intera opera. La storia dei Krisma regalerà ancora ottimi dischi, come il loro capolavoro "Hibernation" (1979) o "Cathode Mama" (1980), insieme ad Hans Zimmer e con all'interno il mega-hit "Many Kisses". Alcuni segni di cedimento in "Iceberg" (1986), dove decidono di abbracciare il cantato in italiano finendo dritti in classifica con l'hit single "Signorina", fino allo scivolone di "Non Ho Denaro" (1989), che chiude in tono minore la loro parabola creativa. Come dicevo all'inizio, alcune loro partecipazioni sul finire della carriera a shows di dubbio gusto ("Festivalbar", "Cocktail D'Amore" con Amanda Lear o "Be Bop A Lula" di Red Ronnie), ne hanno intaccato la reputazione negli ambienti più sotterranei del rock italiano, tuttavia i Krisma non vanno confusi con il movimento "Italian Disco" che ha preso piede nei primi anni '80 nel nostro paese (Gazebo, Dan Arrow, Savage, Valerie Dore, ecc…), ma restano un caso a parte nella storia del rock elettronico europeo per l'alta levatura delle loro produzioni discografiche, ricche di intuizioni e sperimentazioni. Tutti i loro album sono stati ristampati in cd nel 1994, ma sono comunque, insieme ai vinili, di difficile reperibilità.


Tracklist:
1. Thank You (instrumental)
2. Black Silk Stocking
3. Lola
4. C-Rock
5. What For
6. Wanderlust
7. Lycee
8. Mandoya
9. Thank You

Chrisma:
Maurizio Arcieri - voce, tastiere
Christina Moser - voce
Niko Papathanassiou - tastiere, batteria, basso synth
Ezio Vevey - chitarre
Gianni Durini - batteria
Keith Spencer Allen - computer programming

Discografia:
Chinese restaurant (Polydor - 1977)
Hibernation (Polydor - 1979)
Cathode Mama (Polydor - 1980)
Clandestine Anticipation (CGD - 1982)
Nothing To Do With The Dog (Franton Records - 1983)
Iceberg (Carosello - 1986)
Non Ho Denaro (Bollicine - 1989)



venerdì 10 ottobre 2008

PTC (Paid to click): la truffa del nuovo millennio

Lo schema di Ponzi un secolo dopo

Le PTC, il funzionamento
Agli inizi del 2008, incoraggiato da un caro amico, ho iniziato ad iscrivermi ad alcune PTC (Paid to click= pagati per cliccare) con la prospettiva di favolosi guadagni a fronte di piccoli investimenti. La prima alla quale mi sono iscritto è stata bux.to, a detta di molti la migliore in circolazione.
Ma cosa sono le PTC e qual’è il loro meccanismo?
Innanzitutto sono dei siti internet dove ci si può iscrivere gratuitamente inserendo i propri dati (pochi, in verità). Di questi è essenziale l'indirizzo e-mail, necessario per le comunicazioni con lo staff e per ricevere i pagamenti. Una volta iscritti si è “Membro standard”: ora possiamo andare sulla pagina "Surf Ads" dove sono posizionati dei link di banner pubblicitari detti “Ads” (in un numero variabile da sito a sito, in genere una decina) e cliccarci sopra: partirà un contatore e, dopo 30 secondi, uscirà un segno di spunta. Per ogni banner cliccato si guadagna in media 1 centesimo di dollaro. È possibile ciccare solo un banner alla volta per ottenere l’accredito, che sarà visualizzato sulla pagina “Stats”. Per ricevere il pagamento bisogna raggiungere una determinata somma (“Payout”), in genere di 10 dollari, quindi fare la richiesta. Il pagamento avviene tramite PayPal o, più spesso, AlertPay, che è il suo omologo americano. I tempi di pagamento variano da sito a sito e comunque sono abbastanza lunghi. Si può richiedere un solo pagamento alla volta, quindi non potete fare una nuova richiesta se prima non siete stati pagati. Raggiungere i 10 dollari viaggiando a 10 centesimi al giorno non è facile, ci vogliono circa quattro mesi ed una certa costanza. Però le PTC ci vengono incontro per permetterci di guadagnare di più. Intanto facendo iscrivere persone sotto di voi: inviando ad una amico il vostro personale link (che trovate nella pagina Stats), se questo si iscrive ed inizia a cliccare, voi guadagnerete anche per i suoi click, se il vostro amico clicca su un banner e guadagna 1 centesimo, anche voi guadagnerete automaticamente 1 centesimo. Quindi più amici fate iscrivere sotto di voi, più soldi guadagnerete. Questi amici iscritti prendono il nome di “Referrals”. Si può essere referral una sola volta, quindi il vostro amico farà guadagnare con i suoi click solo voi e nessun altro.
Ecco uno schema di guadagno tipico:
» Tu clicchi 10 ads al giorno = $0.10
» 20 referrals cliccano 10 ads al giorno = $2.00
» il tuo guadagno giornaliero = $2.10
» il tuo guadagno settimanale = $14.70
» il tuo guadagno mensile = $63.00

Trovare amici disposti ad entrare nel gioco non è cosa semplice, ma anche qui le PTC ci vengono incontro. Come? Permettendoci di acquistare dei referrals. Vi spiego: se qualcuno si iscrive direttamente ad una PTC e quindi non è stato invitato da nessun amico, risulta “libero” e quindi può essere venduto. I suoi click faranno guadagnare, oltre lui, anche colui che lo ha comprato.
I referrals vengono venduti in pacchetti che possono essere da 5, 15, 35, 50, 100, 500, con lievi differenze tra una PTC e l’altra.
Esempio di guadagno acquistando un pacchetto di referrals da 100:
» 100 referrals cliccano 10 ads al giorno = $10.00
» Il tuo guadagno giornaliero = $10.00
» Il tuo guadagno settimanale= $70.00
» Il tuo guadagno mensile= $300.00

Ma quanto costano questi pacchetti? Alcuni esempi da bux.to:
Pacchetto da 15 $16.98
Pacchetto da 35 $34.95
Pacchetto da 100 $98.00
Pacchetto da 500 $459.00

Non male, vero?
Ma non finisce qui.
Pagando una determinata somma è possibile diventare “Premium Member” ed ottenere alcuni vantaggi, del tipo
- aumento del valore di un singolo click, ad esempio 1,25 centesimi invece di 1 centesimo, sia di quelli fatti da voi che da quelli che riceverete dai referrals;
- aumento del numero degli ads, che da circa 10 possono arrivare fino a 20/30;
- priorità nei pagamenti rispetto ad un membro standard.
Esempio di guadagno come Membro Premium con valore di 1,25 centesimi a click:
» Tu clicchi 20 ads al giorno = $0.25
» 25 premium referrals cliccano 20 ads al giorno = $6.25
» Il tuo guadagno mensile = $195.00
» Il tuo guadagno annuale = $2,340.00
Su bux.to, ad esempio, diventare membro premium costa $59.00 per un anno.

I primi sospetti
Ho iniziato a nutrire i primi sospetti quando ho sentito per la prima volta parlare di PTC che erano “Scam”, cioè o non pagavano o chiudevano i battenti senza aver pagato i propri iscritti. Scam, in gergo tecnico, è un tentativo di truffa che prevede la promessa grossi guadagni in cambio di somme di denaro da anticipare, in genere fatta via e-mail. Alcune PTC alle quali ero iscritto sono sparite dal WEB, mentre altre sono ancora in attività, ma semplicemente non pagano. Altri indizi che mi hanno cominciato a far dubitare:
1- PayPal, all’inizio usato prevalentemente dalle PTC per effettuare i pagamenti, ha successivamente rifiutato tutte le partnerships con siti di questo genere, costringendoli a ripiegare su Alertpay, che ha un meccanismo praticamente identico. PayPal è stata la prima a diffidare delle PTC, questo perché ha un programma di protezione degli utenti che prevede un rimborso che va da 230 a 1000 euro ed ha valutato il rischio troppo alto.
2- Quando ho acquistato dei referrals, mi sono accorto che molti avevano dei nick name assurdi: quale utente andrebbe chiamarsi, ad esempio, “rigzihw4125”? È lampante che i referrals acquistati sono dei “bots”, cioè degli agenti virtuali che simulano il comportamento umano. Lo si è capito perché tutti i referrals acquistati cliccano tutti allo stesso orario, che so, alle 17:15, mentre gli esseri umani ciccano a qualsiasi orario, in real-time. La cosa potrebbe anche essere ininfluente per qualcuno, ma secondo me non lo è, perché questi bots hanno una loro emivita, cioè sono programmati per terminare le loro attività in 2-3 mesi, i loro click saranno sempre meno fin quando non smetteranno di ciccare (i miei su bux.to hanno smesso di ciccare tutti insieme dopo circa 5 mesi e dopo un lento e costante diminuire dei click). Per qualcuno anche questo può risultare indifferente, l’importante è la prospettiva di quintuplicare il capitale iniziale, ma mi chiedo: perché le PTC continuano a sostenere che i referrals che vendono sono delle persone in carne ed ossa? Non sta bene dire le bugie!
3- Infine, ma più importante: dove prendono i soldi per pagare gli utenti? Il fatto che abbiano degli sponsor che, a cifre irrisorie, pubblicizzano la loro attività sui banner (quelli che andremo a cliccare), non giustifica assolutamente l’enorme mole di denaro che devono sborsare. Considerando che molti degli ads pubblicizzano il sito stesso, esibendo prove di pagamento come specchietti per le allodole, il tutto è ancor più ingiustificato.
Su molti siti di opinione (uno su tutti: ciao.it) si leggono lodi sperticate alle PTC, spesso da parte di gente che non ha mai ricevuto nemmeno un pagamento, con l’unico scopo di catturare dei referrals. Infatti ogni opinione finisce con “vi lascio il mio link per iscrivervi sotto di me” oppure “contattatemi in privato e vi lascerò il link per iscrivermi sotto di me”.
Alla luce di questi indizi abbastanza pesanti, quel’è stata la mia conclusione?
Che il funzionamento delle PTC non può essere che legato allo “Schema di Ponzi”, un metodo truffaldino sperimentato la prima volta circa un secolo fa negli USA.

Lo “Schema di Ponzi”
Carlo Ponzi (Lugo, 3 marzo 1882 – Rio De Janeiro, 18 gennaio 1949), immigrato italiano negli USA, architettò una delle truffe più clamorose della storia americana. Dopo una vita sregolata di quattro anni come “finto-studente” alla Sapienza di Roma, restò senza soldi e decise di imbarcarsi per l’America. Narra la leggenda che sulla nave, per delle scommesse, perse tutti i soldi che aveva con sé, sbarcando con le tasche vuote. Giunto a Boston, si divise tra piccoli lavoretti e piccole truffe, che gli costarono qualche anno di galera. Uscito di prigione, decise di creare un suo business basato sulla compravendita di buoni postali internazionali, che gli avrebbero garantito dei profitti cospicui. Per svolgere questa attività, chiedeva ai risparmiatori di affidargli i loro soldi per quarantacinque giorni, al termine dei quali avrebbe restituito il capitale maggiorato del 50%. Grazie alle sue doti di comunicatore, riuscì a convincere alcuni amici a scommettere sul suo sistema e con i primi introiti li ripagò come promesso. La voce si sparse e decine di migliaia di bostoniani investirono soldi in questo sistema. Nel 1920 Ponzi creò la sua società, la “Securities Exchange Company”. L’affare dei buoni postali era una bolla di sapone, ma Ponzi riuscì comunque a tenere fede ai suoi impegni pagando con i soldi dei nuovi investitori. Venne così a crearsi una piramide nella quale i nuovi investitori pagavano i primi della gerarchia, senza che ci fossero dei veri movimenti di beni o di servizi nella società. In pochi mesi Ponzi passò da nullatenente a milionario (circa 15 milioni di dollari accumulati, una enormità per l’epoca) e la cosa cominciò a destare qualche sospetto. Scoperta la truffa, Ponzi non fece in tempo a fuggire: venne arrestato e scontò 10 anni di prigione. Ma il suo schema diventò famoso ed utilizzato fino ai nostri giorni.
Lo “Schema di Ponzi” è un modello economico senza fondamenta, dove, inizialmente, i primi coinvolti verranno pagati con i soldi dei nuovi investitori in modo da creare un’atmosfera di fiducia e spingere altre persone ad aderire al progetto. L’apporto di denaro favorirà solo i primi elementi della piramide e quando questa fiducia verrà a mancare e insieme ad essa anche nuovi investitori e nuovi afflussi di denaro, la piramide crollerà.
Questo è quello che accade oggi nelle PTC: la storia dei click sui banner pubblicitari è “la scusa”, il pretesto per giustificare il guadagno, come i buoni postali di Ponzi. I primi payout vengono soddisfatti sia investendo soldi di tasca propria da parte della PTC, sia tramite gli investimenti degli utenti in pacchetti referrals e premium membership. Alla notizia dei primi pagamenti, altri utenti si iscriveranno acquistando pacchetti referrals e diventando membri premium, contribuendo così ad accrescere la piramide e ad alimentarla. Ma presto i nuovi iscritti non saranno più in grado di alimentare tutta la piramide, i pagamenti inizieranno a ritardare sempre di più, fino a quando il sistema crollerà e l’amministratore (detto “Admin”) fuggirà con i soldi. Ogni giorno nascono diverse nuove PTC, dai nomi più fantasiosi, spesso col suffisso “bux”, mentre altrettante ne spariscono. La durata di una PTC dipende dall’investimento iniziale dell’amministratore, ossia quella cifra con la quale verranno pagati i primi investitori per generare il clima di fiducia. Se l’investimento è di 1000 dollari per incassarne 10.000, il sito avrà una vita breve, mentre se l’investimento sarà di 10.000 dollari il sito durerà sicuramente di più ed alla fine, crollata la piramide, l’Admin potrà fuggire con un bel malloppo, anche milionario. Migliaia di persone truffate non vedranno mai i loro soldi. Sui forum si dibatte se questa o quella PTC sia uno “Scam”, una truffa… dibattiti sterili: tutte le PTC sono scam perché tutte fondate su un principio truffaldino, appunto il famigerato “Schema di Ponzi”. Solo pochi fortunati verranno pagati, ma solo per creare quel clima di fiducia necessario ad attirare nuovi investitori.

Bux.to
È la PTC più celebre e anche tra le più vecchie, ciò non significa che abbia iniziato 10 anni fa, ma solo nella primavera del 2007, dato che la nascita delle PTC è una storia molto recente. È stata la prima alla quale ho aderito (gennaio 2008), sono membro premium ed ho preso pacchetti di referrals, quindi ne posso parlare con cognizione di causa. Il suo motto è “Abbiamo sempre pagato tutti”: quale migliore pubblicità? Possiamo quindi aderire come membri premium ed acquistare referrals in tutta tranquillità? Direi proprio di no.
Il suo punto debole sono stati da subito i tempi di pagamento: all’inizio erano 7/10 giorni lavorativi, poi sono diventati 30 e adesso 60. Non so quanti siano i giorni lavorativi in America, il dato di fatto è che la mia prima richiesta di pagamento di 156 dollari risale al 20 marzo 2008 e a tutt’oggi, 10 ottobre 2008, ancora non ho visto un dollaro. Bux.to rassicura i suoi utenti che saranno tutti pagati, gli utenti continuano a fidarsi, ma quanto tempo devo aspettare per poter affermare che bux.to è scam? Non sono sufficienti 6 mesi ed oltre di attesa?
Di recente è stata introdotta la “Bux Card”, una carta di debito emessa dalla società americana Payoneer, che potete ricevere a domicilio dietro richiesta. Dopo aver pagato 10 dollari di attivazione, vi permetterà di ricevere i pagamenti direttamente sulla carta (tipo una Postepay) anche se gravata da un canone mensile di 3 dollari. La “Bux Card” è nata con lo scopo di accelerare i pagamenti, accelerazione che, a detta di chi la possiede, non è avvenuta. Inoltre sono mesi e mesi che promettono di adottare un nuovo “script” che permetterà di rendere più rapidi i pagamenti, ma temo sia solo un escamotage per prendere tempo.
Pare che Bux.to abbia milioni di utenti, la PTC più importante: appunto per questo il crollo della sua piramide farà più rumore e probabilmente metterà la parola fine alla storia delle PTC. Al momento resiste, anche se sta mostrando la corda, i tempi di pagamento lunghissimi sono i primi segni del suo cedimento. I suoi Admin (senza nome e senza volto) potranno darsela a gambe con un bel po’ di milioni di dollari in tasca…

Isabelmarco
Voglio menzionare questa PTC perché è l’unica che, a tutt’oggi, mi ha pagato. Sono membro premium, ho comprato un pacchetto da 100 referrals e fino ad ora sono stato pagato 4 volte e sempre in modo puntuale. Mi ero iscritto attirato dal loro motto “Noi ci mettiamo la faccia” ed infatti, al “top” delle pagine del sito compare la foto dei due Admin, Isabel e Marco appunto. Caso più unico che raro: conosciamo i nomi degli Admin e pure la loro faccia! Inoltre hanno la fiducia di PayPal, che da poco è tornata ad affiancare Alertpay nei metodi di pagamento. Non mi faccio illusioni, anche Isabelmarco non durerà in eterno, il sistema è lo stesso delle altre PTC, ma almeno qui ho recuperato i soldi investiti e ci ho pure guadagnato qualcosa. La recente decisione di non pagare più i membri standard, ma solo i premium, è un segno di cedimento strutturale in atto. Sicuramente non ci investirò sopra altro denaro, la mia avventura con le PTC finisce qui.

Lista di siti scam
Vi lascio una lista di PTC alle quali sono iscritto e che si sono rivelate scam, non che delle altre ci si possa fidare, intendiamoci, ma queste le ho testate di persona e, nonostante sia palese il loro fare truffaldino, continuano a comparire in rete (ma dove sta la polizia?), quindi statene decisamente alla larga:
Bux3
World-bux
Angelbux
Dailyclicks
Eurovisits
Foxcash



.

sabato 4 ottobre 2008

THE POLICE - Every Breath You Take (1986)

La carriera dorata dei tre poliziotti
Nel 1977, in piena esplosione punk, c'è un gruppo "finto punk" composto da tre musicisti che cercano in tutti i modi di farsi notare dalla stampa specializzata: ci riusciranno, diventando ben presto delle superstars milionarie, sorprendendo un po' tutti, dagli addetti ai lavori alla stessa casa discografica, che li aveva scritturati senza troppe aspettative. E si, perché i tre "poliziotti", non più giovanissimi, provenivano tutti da esperienze tormentate e frustranti. Sting, vero nome Gordon Matthew Sumner, è un insegnate elementare con la passione per il jazz e la cui principale preoccupazione è quella di sbarcare il lunario. Suona il basso nel gruppo jazz-rock dei Last Exit, che non riesce a farsi notare oltre i piccoli locali della zona di Newcastle. Stewart Copeland, nato negli USA e figlio di un funzionario della CIA (da qui l’idea del nome The Police, fortunatamente a sostituire l’originale Strontium 90), ha suonato la batteria nei Curved Air, gruppo "prog" che ha operato senza troppo successo nella prima metà degli anni '70 e dove militava l'affascinante Sonja Cristina, che in seguito diventerà sua moglie. Il chitarrista Andy Summers, già sulla quarantina e di dieci anni più anziano dei suoi compagni, ha le referenze migliori avendo suonato con i Soft Machine, con John Lord dei Deep Purple e con Mike Oldfield durante la tournée di "Tubular Bells".

È Copeland ad intuire che l'era del "prog" è al tramonto e che il futuro è nella causa punk. Ma il primo singolo dei The Police, "Fall Out", con Henri Padovani alla chitarra, è un mezzo fiasco. Tutto da rifare: fuori Padovani, sicuramente il musicista più punk del gruppo, ed una felice intuizione, cioè unire un reggae dolce ad una forma di rock molto ritmica, esperimento non ancora tentato fino a quel momento. La metamorfosi porta i suoi frutti se il singolo "Roxanne" e il primo album "Outlandos D'Amour" (1979) scalano le classifiche del periodo. Questa trovata, unita alla competenza dei tre musicisti, creano il fenomeno che tutti conosciamo. Il basso nitido e preciso di Sting, le straordinarie ritmiche di Copeland, improntate su un uso originale del charleston, e l'esperienza di Summers, unita ad innovative tecniche chitarristiche ottenute dall'uso del "flanger" e del "delay", sono il marchio di fabbrica del sound The Police. I testi sono della massima semplicità, storie d'amore e piccoli fatti quotidiani, cosa che permetterà loro di sbarcare in America senza troppi problemi. Tocco finale: la decisione di tingersi i capelli biondo platino, creando una certa curiosità attorno alla loro figura, cosa che non guasta mai...

L'etichetta discografica A&M non ha neppure il tempo di felicitarsi con i suoi protetti, che vengono subito sommersi da un'altra valanga di soldi: sempre nel 1979 esce il secondo album "Reggatta De Blanc", con dentro una delle melodie più celebri dei "poliziotti", quella "Message In A Bottle", uscita anche come singolo, che diventerà uno dei classici della band. La perfezione degli arrangiamenti e le melodie irresistibili portano di nuovo Sting e soci in testa alle classifiche, nonché a suonare nei luoghi più remoti del pianeta in un lungo, interminabile tour. Sting è oramai un sex-symbol ed iniziano le prime storie di svenimenti ai concerti, ma il loro reggae "sporcato" fa anche storcere il naso ai puristi, con le prime accuse da parte dei musicisti giamaicani di "furto" delle loro tradizioni a scopi commerciali. Qualcosa viene ad incrinarsi con il terzo album "Zenyatta Mondatta" (1980), stroncato senza pietà dalla critica. Il disco non gira a dispetto della produzione luccicante, i tre musicisti sembrano accontentarsi di riprodurre il solito "clichè". Tuttavia i singoli estratti, "Don't Stand So Close To Me" e "De Do Do Do De Da Da Da" (mai si ricorda titolo più sciocco per una canzone), raggiungono i vertici delle classifiche, dimostrando come i The Police abbiano le idee molto chiare su quali siano i pezzi da piazzare come 45 giri. A seguito delle critiche negative, il gruppo è costretto a studiare soluzioni alternative e nel 1981 esce "Ghost In The Machine", ispirato dagli scritti di Arthur Koestler e che risente del clima new wave dell'epoca. Vengono introdotti i synth e i fiati, il sound si fa più oscuro. Anche qui i tre singoli estratti sono i migliori pezzi dell'album: "Every Little Thing She Does Is Magic", "Spirits In The Material World" e "Invisibile Sun" (il testo tratta il problema della guerra civile nord-irlandese) portano i The Police a riguadagnare alcuni punti a loro favore dopo lo scivolone di "Zenyatta Mondatta", anche se certa critica continua ad avere delle riserve di fronte alla loro irrefrenabile ascesa all'Olimpo delle rock stars. La consacrazione definitiva avviene con il quarto ed ultimo album, "Synchronicity" (1983), contenente il mega-hit "Every Breath You Take", pop-rock strappalacrime, classico dei classici nel suo genere. Ma anche gli altri due singoli estratti, "King Of Pain" e "Wrapped Around Your Finger", sono ben costruiti e ottimamente confezionati. Vengono abbandonati i fiati e i ridondanti tappeti di tastiere di "Ghost In The Machine", privilegiando i suoni acustici, la solita ritmica avvolgente e il chitarrismo effettato di Summers.

Con questo disco giungono alla fine della corsa, dovendo assecondare le spinte centrifughe del frontman Sting, proiettato verso la carriera solista. Ma c'è ancora spazio per un album, un classico greatest-hits dal titolo "Every Breath You Take", pubblicato nel 1986 e ristampato nel 1995, contenente tutti i singoli che ho illustrato in questo sunto della loro carriera. Sting, nei suoi lavori in proprio, tornerà al suo amore per il jazz e l'acustico, vivendo prevalentemente di rendita per l'enorme celebrità ottenuta grazie alla sua band. I The Police non hanno mai annunciato ufficialmente il loro scioglimento, si è parlato a suo tempo di una "pausa di riflessione", che è durata quasi 25 anni. Poi, nel 2007, l’annuncio di un inaspettato ritorno sui palchi per un “Reunion Tour” di due anni in giro per il mondo, Italia compresa. Il 7 agosto 2008, nell’ultimo concerto del tour al Madison Square Garden di New York davanti a 20.000 fans, l’annuncio del definitivo scioglimento. Anche da questa operazione un sacco di soldi: la band è risultata come la più pagata del 2008. I The Police hanno dimostrato come si possa raggiungere il successo planetario grazie ad una ricetta un po' ruffiana di rock-reggae mai sopra le righe, un cantante dalla bella presenza ed una certa abilità nello sfruttare le potenzialità dei mass-media. I loro albums, escluso forse il primo, non hanno mai retto convincentemente per tutta la loro lunghezza, affiancando a straordinari hit-singles brani di caratura minore e non all'altezza del nome. Resta indiscusso il loro talento di musicisti, tuttavia sono convinto che avrebbero potuto osare di più in fase compositiva e sperimentale, anche se di certo non era quello il loro scopo. Il mio consiglio, se non li avete mai ascoltati, è di prendervi questo "Every Breath You Take": al suo interno troverete il meglio di Sting e compagni e non ne rimarrete delusi.


Tracklist:
1.: Roxanne
2.: Can't Stand Losing You
3.: Message In A Bottle
4.: Walking On The Moon
5.: Don't Stand So Close To Me
6.: De Do Do Do De Da Da Da
7.: Every Little Thing She Does Is Magic
8.: Invisible Sun
9.: Spirits In The Material World
10.: Every Breath You Take
11.: King Of Pain
12.: Wrapped Around Your Finger

The Police:
• Sting: voce/basso
• Andy Summers: chitarra
• Stewart Copeland: batteria

Discografia:
• Outlandos D'Amour (1979)
• Regatta De Blanc (1979)
• Zeniatta Mondatta (1980)
• Ghost In The Machine (1981)
• Synchronicity (1983)
• Every Breath You Take: The Singles (1986)


venerdì 6 giugno 2008

BAUHAUS - In The Flat Field (1980, cd remastered)

I vampiri del rock
I Bauhaus rappresentano l'archetipo del gothic rock grazie a quattro albums molto oscuri, ma caratterizzati da una straordinaria vena compositiva. Si formano nel 1979 a Northampton per mano dei fratelli Kevin e David Haskins (quest'ultimo noto con lo pseudonimo di David J) insieme al chitarrista Daniel Ash ed al cantante Peter Murphy, sorta di dracula del rock dalla voce aspra e profonda, vero catalizzatore d'attenzione del gruppo. Ispirati in realtà dal glam anni '70 di Bolan e Bowie, riescono a creare un sound che miscela abilmente il rock decadente dei Velvet Underground e certa psichedelia, fino a sconfinare nell'hard. Inizialmente si danno il nome di "Bauhaus 1919" in onore al celebre movimento artistico/architettonico tedesco dei primi del novecento, accorciandolo successivamente in Bauhaus. Esordiscono dal vivo la notte di capodanno del 1979 e nel giro di sei mesi danno alle stampe il singolo "Bela Lugosi's Dead" per la piccola etichetta Small Wonder, già responsabile della pubblicazione di un altro singolo epocale come "Killing An Arab" dei The Cure. Il brano che dà il nome al 45 giri è una lunga e tetra ballata caratterizzata da un ossessivo giro di basso e dai rumorismi sinistri della chitarra. Il testo, una storia di vampiri, farà sì che tre anni dopo David Bowie sceglierà il pezzo come soundtrack per il film "Miriam si sveglia a mezzanotte", da lui stesso interpretato.

Scritturati dalla 4AD, sottoetichetta della Beggars Banquet, nel 1980 pubblicano il loro primo album "In The Flat Field", vero e proprio manifesto del post-punk. Il disco è oscuro e violento come pochi album sono stati capaci di essere nella storia del rock: quasi nullo lo spazio per la melodia, ossessive le parti ritmiche dei fratelli Haskins, allucinato o funereo il cantato di Murphy, agghiaccianti le trame di chitarra di Ash. Il disco è una raccolta di danze arcaiche che privilegiano un cabaret dell'orrore alle istanze depressive di The Cure e Joy Division, fornendo un'altra prospettiva all'idea di gotico che si stava affermando nei primi anni '80.
"Double Dare" è introdotta da lugubri rintocchi di synth, che lasciano spazio ad un ritmo singhiozzante ed ossessivo dal quale emerge la voce monocorde e devastante di Murphy. "In The Flat Field", la title track, parte con un ritmo supersonico di tom e sfoggia tutta l'effettistica della chitarra di Ash, suoni dall'oltretomba alternati a repentine schitarrate soniche e taglienti. "God In An Alcove" inizia con arpeggi sporchi di chitarra accompagnati da un basso proveniente direttamente dal glam, la ritmica preferisce giocare sui sedicesimi di charleston e il cantato è a metà tra un crooner anni '50 e le sguaiate urla del punk. "Dive" è più vicina alle nuove ambientazioni del post-punk, con contrappunti elettronici e sax agonizzante. "Spy In The Cab" è lenta e ipnotica, con cantato epico e disperato. Il ritmo è per soli tom/pad e gli arpeggi di chitarra si trasformano in rumorismi lancinanti. Figlia dell'esperienza glam è anche "Small Talk Stinks", introdotta da una chitarra metallica e distorta che si scontra con un piano digitale jazz. Orrende voci deformate emergono dall'oltretomba in crescendo fino a chiudere la canzone. "St Vitus Dance" parte con un ritmo incalzante, seguito a ruota dalla chitarra e dai rintocchi elettronici del synth. Murphy lancia urla animalesche creando vortici orrorifici di fascinosa intensità. "Stigmata Martyr" è una messa nera con basso ossessivo e chitarra disturbante, capolavoro del gotico e punto di riferimento per tutto il movimento a venire. "Nerves", a chiudere l'album, è una lunga suite di sette minuti con introduzione di pianoforte, infastidita dalle scivolate della chitarra e da barattoli rotolanti sul ciottolato. Il resto è un crescendo disperato a ritmo post-punk con chitarra hard, che cattura l'ascoltatore, lo stordisce e lo trascina nell’abisso.

La versione rimasterizzata raccoglie tutto il materiale pubblicato per la 4AD, cioè prima che la band passasse alla casa madre Beggars Banquet. La cura con la quale è stata assemblata la raccolta la si nota già dalla volontà di disporre le canzoni in ordine cronologico e piazzando quindi "Dark Entries", primo singolo per la 4AD antecedente all'album "In The Flat Field", in apertura al cd. Due cover di pregio arricchiscono la compilazione: il singolo "Telegram Sam" dei T-Rex, che rivela tutto l'amore di Murphy e compagni per Bolan, e "Rosegarden Funeral Of Sores" di John Cale, riarrangiata nel classico stile Bauhaus, ossessiva ed ipnotica.Il mio giudizio per questa ristampa non può essere che ottimo e non sono affatto pentito di aver affiancato al logorato vinile questo splendido cd.


Tracklist:
1.: Dark Entries
2.: Double Dare
3.: In The Flat Field
4.: God In An Alcove
5.: Dive
6.: Spy In The Cab
7.: Small Talk Stinks
8.: St Vitus Dance
9.: Stigmata Martyr
10.: Nerves
11.: Telegram Sam
12.: Rosegarden Funeral Of Sores
13.: Terror Couple Kill Colonel
14.: Scopes
15.: Untitled
16.: God In An Alcove (2)
17.: Crowds

Bauhaus:
Peter Murphy: voce
David J: basso
Daniel Ash: chitarra/sax
Kevin Haskins: batteria

Discografia essenziale:
In The Flat Field (4AD, 1980)
Mask (Beggars Banquet, 1981)
Press Eject And Give Me The Tape (Beggars Banquet, live - 1982)
The Sky's Gone Out (Beggars Banquet, 1982)
Burning From The Inside (Beggars Banquet, 1983)
.


mercoledì 9 aprile 2008

JOHN FOXX - The Garden (1981, remastered)

Il volto umano dell’elettronica
Quando, sulla scia del suo primo album "Metamatic", molti artisti spingeranno sull'elettronica sfornando successi milionari (Gary Numan, Depeche Mode e Human League solo per citarne alcuni), John Foxx stupirà con questo "The Garden". Il suono gelido e claustrofobico di "Metamatic" lascia il posto ad un sound solenne e maestoso che unisce musica mitteleuropea, cori paleocristiani e techno pop romantico. Tornano le chitarre (Robin Simon, ex compagno d'armi negli Ultravox dell'ultimo album) e gli archi e il pianoforte si sostituiscono ai suoni ruvidi dei synth. Certo, sempre di suoni sintetici si tratta, ma mai dei sintetizzatori avevano suonato in modo così "umano". John Foxx non è più il “dandy” degli Ultravox! di “Dangerous Rhythm" e nemmeno l’asettico cantore della fredda metropoli di “Burning Car”, ma un uomo sensibile e raffinato che medita sulla bellezza dell’arte, della natura e dei sentimenti.

“Systems Of Romance”, "Europe After The Rain" e "Dancing Like A Gun" sono dei capolavori techno pop, ma un pop suonato con il cuore e lontano da mere operazioni di commercio. "The Garden" è una splendida suite di sette minuti, dove "il giardino" prende il sopravvento sulla metropoli di "Metamatic", nella visione di una vegetazione rigogliosa che invade fabbriche abbandonate (la miniaturizzazione della tecnologia fa pensare a Foxx che la natura potrà presto rimpossessarsi degli spazi rubati dall'uomo in oltre un secolo di progresso industriale). Un disco che avrebbe sicuramente meritato di più, ma sappiamo che John Foxx è un musicista che ha lavorato più per la storia della musica che per le logiche del mercato.

Come per il precedente "Metamatic", anche questa versione rimasterizzata di "The Garden" del 2003 porta un indiscutibile beneficio alla qualità audio delle canzoni, grazie ad un'accurata opera di restaurazione digitale. Non mancano le bonus tracks, prevalentemente b-sides dei singoli del periodo. In più il misconosciuto singolo "This Jungle", un capolavoro perduto che certamente farà la gioia degli estimatori del nostro eroe.


Tracklist:
1 Europe After The Rain
2 Systems Of Romance
3 When I Was A Man And You Were A Woman
4 Dancing Like A Gun
5 Pater Noster
6 Night Suit
7 You Were There
8 Fusion/Fission
9 Walk Away
10 The Garden
Bonus tracks
11.: Long Time
12.: This Jungle
13.: Swimmer 1
14.: Swimmer 2
15.: Young Man

Formazione:
John Foxx - voce, sintetizzatori, rhythm machines
Duncan Bridgeman - basso
Robin Simon - chitarra
Philip Roberts - batteria
Gareth Jones - ingegnere del suono

Discografia:
Metamatic (1980)
The Garden (1981)
The Golden Section (1983)
In Mysterious Ways (1985)
Assembly (raccolta, 1992)
Shifting City (1995)
Cathedral Oceans (1995)
Subterranean Omnidelic Exotour (1998)
Crash And Burn (2003)
Pleasures Of Electricity (2004)
From Trash (2006)



martedì 1 aprile 2008

THE CURE - Faith (1981, Deluxe Edition 2cd)

La grigia cattedrale del gotico
Quando si pensa agli album "gotici" (o "dark") degli anni '80, vengono in mente principalmente due dischi: Closer dei Joy Division e Faith dei Cure. Nel primo caso, a mio avviso, il fatto è stato del tutto fortuito, cioè i Joy Division erano convinti di fare rock, un rock dalle tinte oscure certamente, ma rock… poi alcune manipolazioni elettroniche del fonico Martin Hannet su due pezzi come "The Eternal" e "Decades" insieme al suicidio di Ian Curtis, hanno creato la leggenda del primo album gotico della storia della new wave. Per Faith si è trattato di un qualcosa di più ragionato, quasi un accodarsi al carrozzone degli "scuri" che da Closer aveva preso l'abbrivio. Chissà se Robert Smith, nello scrivere queste canzoni, non abbia pensato a Ian Curtis. Oppure: sarà vero che l'atmosfera tetra è stata creata dalla perdita dell'adorata nonna di Smith e dalla morte della madre del batterista Lol Tolhurst, episodi avvenuti a breve distanza l'uno dall'altro a ridosso delle registrazioni dell'album? Non lo sapremo mai. Resta quest'ombra su un disco difficile da decifrare in quanto a sincera espressione del proprio stato interiore. Un disco che, tuttavia, resta un capolavoro del gothic rock.

L'atmosfera di Faith è quella cupa e raccolta delle cattedrali: le cadenze della batteria e il suono profondo del basso assumono quel tono pacato ed evocativo di quando, rassegnati all'idea della propria morte, scorrono le immagini della nostra vita e si ricorda l'infanzia. Le tastiere sono chiesastiche, la voce distante e lamentosa. "The Holy Hour", in apertura, è una chiara dichiarazione d'intenti, con i suoi tetri rintocchi di campane. In "Primary" il ritmo aumenta: è il singolo che dovrà promuovere l'album e non poteva essere altrimenti. Il ritmo torna a calare progressivamente: "Other Voices" gioca su un pattern ritmico fatto con i tom e sugli ululati sinistri di Smith, adagiati sul basso cavernoso di Gallup. "All Cats Are Grey" e "The Funeral Party" sono lente e tastieristiche e danno il "mood" all'album, mentre "Doubt", ritmatissima e dal cantato "sputato", paga l'ultimo tributo al punk delle origini. Ma i migliori pezzi del lotto sono gli ultimi: in "The Drowning Man" la morte non è altro che un tornare all'acqua che ci ha generati, nella storia di una ragazza che annega per un banale incidente. La chitarra è ossessiva, accompagnata dai "claps" elettronici della drum machine, mentre la voce di Smith simula cori gregoriani dall'oltretomba. "Faith" chiude il disco e celebra l'irrazionale attaccamento alla vita dell'uomo, la cui "fede" è l'ultimo appiglio. Una lunga suite sostenuta dall'inconfondibile basso, dove Smith recita fino alla disperazione "With nothing left but faith…"

La versione rimasterizzata e arricchita di un secondo cd pieno di inediti, mi fa un grosso regalo: quella "Carnage Visors" (colonna sonora del film che accompagnava i Cure durante i concerti e da loro stessi interpretata) che tanto ho cercato in gioventù e non sono mai riuscito a trovare in quanto pubblicata in edizione limitata sul lato B della versione in musicassetta. E' una lunga suite di oltre 25 minuti che gioca con il solito basso cavernoso e la drum machine, con qualche effetto qua e là, in perfetto stile "faithiano". Poi le demo-versions dei brani di Faith e diversi live del massacrante tour del 1981, che portò i nostri fino in Australia e Nuova Zelanda. Da questi riusciamo ad immaginare, come molti cronisti hanno documentato a suo tempo, che i concerti dei Cure sembravano più riti religiosi che vere e proprie esibizioni rock. Ciliegina sulla torta: a chiudere il cd di inediti la splendida "Charlotte Sometimes", singolo del 1981 ed una delle canzoni più affascinanti del repertorio Cure, qui recuperata per la gioia di noi "sfegatati".


Tracklist disc 1
1.: The Holy Hour
2.: Primary
3.: Other Voices
4.: All Cats Are Grey
5.: The Funeral Party
6.: Doubt
7.: The Drowning Man
8.: Faith
9.: Carnage Visors

Tracklist disc 2
1.: Faith (Rhino Studios instrumental demo 1980)
2.: Doubt (Rhino Studios instrumental demo 1980)
3.: Drowning (group home instrumental demo 1980)
4.: The Holy Hour (group home demo 1980)
5.: Primary (studio out-take 1980)
6.: Going Home Time (Morgan studio out-take 1980)
7.: Violin Song (studio out-take 1981)
8.: Normal Story (studio out-take 1981)
9.: All Cats Are Grey (live 1981)
10.: The Funeral Party (live 1981)
11.: Other Voices (live 1981)
12.: The Drowning Man (live in Australasia 1981)
13.: Faith (live at the Sydney Capitol Theatre 1981)
14.: Forever (live 1981)
15.: Charlotte Sometimes

The Cure:
Robert Smith - voce, chitarra, tastiere
Simon Gallup - basso
Lol Tolhurst - batteria

mercoledì 19 marzo 2008

TUBEWAY ARMY - Replicas (1979)

Gary Numan: destinato al successo
Il destino è stato magnanimo con Mr. Gary Anthony James Webb, in arte Gary Numan. Reduce da un primo album, "Tubeway Army", carino ma che non ha suscitato particolare scalpore tra i giovani seguaci del neonato movimento post-punk, Numan tenta questo asso nella manica dal titolo "Replicas". Il destino vuole che il primo singolo estratto, "Down In The Park", il preferito dell'artista e sul quale aveva riposto tutte le sue speranze di successo, si riveli un "flop" clamoroso. Che fare? Ecco un singolo di riserva, "Are 'Friends' Electric?", che, inaspettatamente, si rivela un hit straordinario, raggiungendo il primo posto delle classifiche inglesi e aprendo a Numan le porte del successo da tanto tempo rincorso... quando si dice "il destino".
L'album, pubblicato a nome Tubeway Army nel 1979 dalla Beggars Banquet, mette a frutto gli insegnamenti degli Ultravox di John Foxx e di certo "kraut rock" tedesco, Kraftwerk in testa. Chitarra, basso e batteria sono sovrastati da potenti suoni di sintetizzatore, che danno il mood a tutto il lavoro e raccontano la figura del "numanoide", l'uomo del futuro, che vive in un mondo schiavo delle macchine dove non c'è spazio per sentimenti ed emozioni. Numan scopre di avere tra le mani il tocco di "Re Mida": le sue dita si appoggiano morbidamente sui tasti del synth creando suoni nuovi ed elitari, che affascinano un'utenza abituata sino ad allora solo al fragore del punk. Accompagnato dal fedele bassista Paul Gardiner e dallo zio Jess Lidyard alla batteria, Numan inizia la sua lunga saga di uomo del futuro.

Il sintetizzatore è il primo suono che si sente nell'album, e non a caso: "Me! I Disconnect From You", brano d'apertura, è un inno alla disumanizzazione, nello scenario gelido della città del domani. "Are 'Friends' Electric?" è dominato da un poderoso synth che raddoppia il basso insieme ad una voce asettica e un riff tastieristico che lo porta al n° 1 delle charts. L'amico, nel futuro di Numan, è un robot, i nostri sentimenti sono proiettati su delle macchine e gli "amici" funzionano quindi ad elettricità. "Praying To The Aliens" è un'invocazione agli abitanti di mondi lontani, il sound è asciutto e una tastiera fantascientifica di sottofondo accompagna tutto il pezzo. "Down In The Park", la preferita di Numan, ha un incedere lento e minaccioso: giù nel parco, l'amico "elettrico" di nome "Five" dichiara la fedeltà dei robot all'essere umano: "we are not lovers, we are not romantics, we are here to serve you". In "You Are In My Vision" le chitarre trovano per l'ultima volta uno spazio importante, ultimi residui di rock nell'universo sintetico di Numan (lo strumento addirittura sparirà nel successivo album "The Pleasure Principle"). Due strumentali chiudono il disco: "When The Machines Rock" e "I Nearly Married A Human" puntano tutto sull'esaltazione dei nuovi suoni elettronici e sulla loro sensazione.

Il primo atto di Numan, avuto il successo in tasca, è sciogliere i Tubeway Army ed intraprendere la carriera solistica. Parte con show sofisticati, concerti-evento fatti di giochi di luce e tastiere in primo piano e impone il suo look di algido androide. Più volte tornerà in classifica ("Cars" il brano più celebre), ma il suo limite sarà di riproporre sempre lo stesso clichè e il solito sound, che invecchierà velocemente e causerà un lento ed inesorabile declino della sua popolarità. Tuttavia, dopo un lungo periodo di mediocri produzioni discografiche, saprà rinnovarsi e tornare a far parlare di sè sul finire degli anni '90, abbracciando la causa dark-industrial e avviando importanti collaborazioni (con Fear Factory, ad esempio).

La ristampa di Replicas, rimasterizzata ed arricchita di inediti, offre un'ottima occasione per riscoprire (o conoscere) questo disco che, nel bene o nel male, ha fatto la storia del synth-pop anni '80. Oltre ai brani già noti, sono stati aggiunti anche i lati B dei singoli del periodo 1979, tra i quali si distinguono "We Have A Technical" e "We Are So Fragile", in perfetto stile Numan, ma dalle melodie irresistibili. C'è anche una versione N. 2 di "I Nearly Married A Human ", se vogliamo più interessante dell'originale.

Tracklist:
1.: Me! I Disconnect From You
2.: Are 'Friends' Electric?
3.: Machman
4.: Praying To The Aliens
5.: Down In The Park
6.: You Are In My Vision
7.: Replicas
8.: It Must Have Been Years
9.: When The Machines Rock
10.: I Nearly Married A Human
bonus tracks:
11.: Crazies
12.: Only A Downstat
13.: We Have A Technical
14.: We Are So Fragile
15.: I Nearly Married A Human 2

Tubeway Army:
Gary Numan: voce, chitarra, tastiere
Paul Gardiner: basso
Jess Lidyard: batteria

discografia:
Tubeway Army (Beggars Banquet, 1978)
Replicas (Beggars Banquet, 1979)


martedì 11 marzo 2008

AUS DECLINE - Retrospettiva 1981-84 (cd, 2003)

La gemma nascosta della new wave italiana
Gli Aus Decline, nati a Pavia nel 1981, fanno parte di quell'ondata di nuovo rock che ha investito l'Italia nei primi anni '80, figlia del post-punk anglosassone di gruppi come Joy Division e The Cure. I maggiori esponenti del genere nel nostro Paese sono stati i Diaframma ed i Litfiba prima della svolta rock. Ma, proprio mentre i due gruppi fiorentini giungevano all'esordio su vinile, gli Aus Decline si scioglievano (1984) facendo perdere ogni loro traccia. Venti anni dopo decidono di tornare in pista pubblicando "Retrospettiva 1981-84", antologia su cd con al suo interno tutti i brani prodotti nella loro breve carriera. Cosa li ha spinti a questo inaspettato ritorno? Forse la nostalgia? Forse la consapevolezza di aver attraversato da protagonisti una fase importante del rock italiano? Poco importa. L'importante è avere tra le mani questo prezioso documento storico, nel quale si respira intatta l'atmosfera di quel momento particolare della nostra cultura attraverso i suoni oscuri del post-punk.

"Fluxion" apre le danze con un ritmo incalzante e un basso sintetico, memore dei Joy Division di "Closer", mentre la chitarra tocca suoni armonici cristallini. "Fear Of Sin" inizia con una batteria tenebrosa mentre il basso plettrato domina gli intermezzi tra un cantato e l'altro. "Five Years Life", con il suo riff di chitarra e le tastiere che gettano un tappeto per l'inferno, anticipa clamorosamente alcune atmosfere dei Systers Of Mercy. Il cantato è monocorde e poco incline agli sbalzi di tensione. "Goin' On Jot" è un post-punk in perfetto stile Bauhaus, ma dove non si rinuncia al suono cristallino della chitarra. Contrappunti elettronici arricchiscono una ritmica potente ed incalzante. "Earth Isn't Room Enough", uno degli episodi più significativi del cd, inizia con un pattern di drum machine al quale si sovrappone la batteria acustica, in un incastro efficace che dimostra tutta la perizia dello strumentista. Il riff di chitarra e la voce evocativa creano un vortice emotivo di rara intensità che rimanda a "Faith" dei The Cure. "Body Hit" è il brano più dinamico, con le sue atmosfere "ultravoxiane" ed un cantato distaccato che ricorda le prime cose dei "Modern English". Figlia del suono Bauhaus anche l'ultima track di studio "To Lead The Van", ma attraversata dagli umori mittleuropei del rock tedesco. A completare la raccolta alcuni brani tratti dai plauditi concerti del periodo, che dimostrano come essi riuscissero a ricreare le loro intense atmosfere anche fuori da uno studio d'incisione, grazie a notevoli capacità tecniche.

A mio avviso gli Aus Decline sono stati penalizzati da due fattori: dalla loro scelta di cantare in inglese proprio nel momento storico in cui esplodeva in Italia il "rock italiano cantato in italiano" dei Litfiba, particolarità che avrebbe permesso loro di essere notati maggiormente da utenti ed addetti ai lavori, ed in secondo luogo dalla mancanza di una solida struttura manageriale alle spalle, come ad esempio l'IRA, mitica etichetta discografica fiorentina, responsabile delle migliori uscite su vinile dell'epoca. Concludo con il dire che questo album in cd è stato stampato in edizione limitata ed è quindi di difficile reperibilità. Io l'ho trovato, fortunatamente a buon prezzo, su internet.

Tracklist:
1- Fluxion
2- Fear Of Sin
3- Five Years Life
4- Goin' On Jot
5- Earth Isn't Room Enough
6- Body Hit
7- To Lead The Van
8- She Gave Me Algedy (live)
9- Auburn (live)
10- Hanfull Of Beauty (live)
11- Fear Of Sin Live (live)
12- City House (live)
7- She Gave Me Algedy (studio version)

Aus Decline:
Marco Casasco: tastiere e voce
Riccardo De Angelis: basso
Luca Collivasone: chitarra
Giorgio Rimini: batteria

Discografia:
1982 "Radio X" demotape
1983 First Relation (LP) - gli Aus Decline partecipano con il brano "Five Years Life"
2003 Retrospettiva 1981-1984 (CD)

mercoledì 27 febbraio 2008

JOHN FOXX - Metamatic (1980, remastered)

La metropoli sintetica di John Foxx
"Metamatic" è il primo album solista di John Foxx o, se vogliamo, il quarto album degli Ultravox! Infatti l'ex-vocalist della new wave band inglese, nel 1979 fece le valige portando con se tutte le splendide intuizioni che avevano reso grandi albums come "Ultravox!", "Ah! Ah! Ah!" e soprattutto il seminale "Systems Of Romance", disco che getterà le basi a tutto il techno-pop a venire. Già negli ultimi concerti degli Ultravox si potevano ascoltare acerbe interpretazioni di "He's a liquid" e "Touch and go", che finiranno poi su "Metamatic". Il mistero del suo abbandono, con la band al culmine del successo, resta vivo ancora oggi, anche se, da una intervista rilasciata negli anni successivi a quell'episodio, egli dichiarò: "Gli Ultravox credevano di essere diventati delle rockstar". Ecco… forse proprio il successo la causa del divorzio, per un uomo geniale quanto schivo e poco incline a far parte di un mondo pieno di luci e lustrini come quello della musica da classifica. Con lui lascia la band anche il chitarrista Robin Simon, che ritroverà poi per le registrazioni del suo secondo album "The Garden".

In "Metamatic", pubblicato nei primi mesi del 1980, viene esasperata la ricerca elettronica che aveva contraddistinto l'ultima fase ultravoxiana, generando gelide sinfonie al sintetizzatore scandite dal battito metronomico della drum machine. Foxx si aggira in metropoli ultramoderne, fredde e frenetiche, e annota sul suo taccuino le sue impressioni su questa nuova civiltà. "Plaza", con il suo ritmo sincopato e metallico, da' il "LA" al disco. "He's a liquid", lenta e ammaliante, sembra anticipare la "cold wave" e getta i semi del gothic, movimento che caratterizzerà tutta la musica degli '80. "Underpass", uscito anche come singolo, con il suo riff di sintetizzatore è una delle melodie più celebri di Foxx e della intera new wave anni '80, mentre "No-one driving" e "A new kind of man" mettono in musica le angosce dell'uomo moderno con intrecci di sintetizzatore ed originali ritmiche elettroniche. La versione rimasterizzata nel 2003, oltre che aver ripulito il suono e alzato i livelli di volume, offre una serie di bonus tracks non presenti nella versione originale. Si tratta di brani pubblicati come singoli ("This city", "Burning car" e "Miles away") e relative b-sides. Menzione doverosa per queste ultime, dove Foxx esprime il suo lato più sperimentale, con uno studio più approfondito del suono sintetico e della ritmica, trascurando in alcuni casi il formato canzone. "Film One" e "20th Century" sono strumentali dove è la ritmica elettronica a fare da padrona, mentre "Glimmer" è una sinfonia lenta ed avvolgente di soli sintetizzatori. A confermare, se ancora ce ne fosse bisogno, il genio di Foxx.

John Foxx sarà il primo e il più grande interprete di un nuovo modo di fare musica, figlia del "kraut rock" tedesco e del rock decadente dei '70, plasmati ed adattati alle nuove tecnologie ed alla realtà delle grandi metropoli. Quando una schiera di epigoni si incamminerà per il sentiero tracciato da questo album, traendone insospettati benefici, lui sarà già da un'altra parte. Dopo il capolavoro "The Garden" (1981), ancora due albums pregevoli, poi il ritiro dalle scene. Un silenzio che si protrarrà per dieci anni, fino ad un inaspettato quanto gradito ritorno nel 2005 con l'album "Shifting City".


Tracklist:
01. Plaza
02. He's a Liquid
03. Underpass
04. Metal Beat
05. No-One Driving
06. A New Kind of Man
07. Blurred Girl
08. 030
09. Tidal Wave
10. Touch and Go
Additional Tracks
11. Film One
12. Glimmer
13. Mr No
14. This City
15. 20th Century
16. Burning Car
17. Miles Away

Formazione:
John Foxx - voce, sintetizzatori, rhythm machines
John Wesley Barker - sintetizzatori
Jake Durant - basso
Gareth Jones - ingegnere del suono

Discografia:
Metamatic (1980)
The Garden (1981)
The Golden Section (1983)
In Mysterious Ways (1985)
Assembly (raccolta, 1992)
Shifting City (1995)
Cathedral Oceans (1995)
Subterranean Omnidelic Exotour (1998)
Crash And Burn (2003)
Pleasures Of Electricity (2004)
From Trash (2006)

mercoledì 2 gennaio 2008

THE CURE - Seventeen Seconds (1980, Deluxe Edition 2cd)

I 17 secondi che possono cambiare un'esistenza
Della triade gotica dei Cure, "Seventeen Seconds" è sicuramente il mio album preferito, a dispetto della sua fragilità in confronto al monumento dark "Faith" e all'estremista "Pornography". Meno acerbo dell'esordio "Three Imaginary Boys", questo disco mantiene tuttavia intatto quell'approccio disinteressato verso il mondo della discografia che è caratteristica dei gruppi alle loro prime esperienze e che quasi sempre realizzano in questa fase i loro migliori lavori. I Cure del 1980 sono concentrati sui loro strumenti e non su altro, non sul look: li possiamo "ammirare" nei video dell'epoca vestiti con abiti da pochi soldi e con i capelli tagliati male, ma veramente male (nulla a che fare con la famosa criniera leonina che qualche anno dopo renderà celebre il leader Robert Smith). Non c'è più il bassista Michael Dempsey, sostituito da Simon Gallup, che proprio in questo disco esordirà con un suono e una tecnica che influenzerà tutta le new wave del decennio (basti pensare al giro strafamoso di "A Forest"). Entrano anche le tastiere nel sound "curesque", grazie a Mathieu Hartley, che però ha precisi ordini da parte di Smith: non suonare mai più di una nota alla volta.

Il suono di questo album è rarefatto, la batteria metronomica, il basso dominante, la chitarra liquida grazie all'effetto "flanger". Ci sono le lande brumose della campagna inglese, le notti gelide, le foreste della mente dove si nasconde la "donna-Cure": è lei che aleggia con la sua presenza in tutte le canzoni del disco. Dopo l'intro stumentale di "A Reflection", ecco "Play For Today" con il suo ritmo sostenuto, il basso incalzante e la voce distaccata di Smith. Ma è solo una parentesi di 3 minuti: seguono le atmosfere rarefatte di "Secrets", "In Your House" e "Three" dove il cantato è solo una eco lontana tra i battiti metallici della drum machine. "The Final Sound" è un breve bozzetto horror e sembra quasi un intro ad uno dei pezzi più famosi della discografia Cure: "A Forest". "M" potrebbe essere quasi romantica se non fosse sopraffatta dall'immensa tristezza delle sue liriche. "At Night" è dominata da un basso distorto e da un riff tastieristico glaciale, mentre la chiusura è delegata al brano che da' il titolo al disco: "Seventeen Seconds", la batteria ad imitare il ticchettio di un orologio, "tutto è quieto adesso" canta Smith, riferendosi ai 17 secondi che possono cambiare un'esistenza.


Ho accolto con estremo piacere la notizia che la Fiction ha deciso di ristampare questo album, rimasterizzato ed arrichito di un secondo cd stracolmo di inediti. C'è il singolo "I'm A Cult Hero", un curioso scherzo di Smith e soci insieme all'amico postino Frank Bell... uno scherzo che però ha portato i nostri ai primi posti della classifica indie canadese. Poi ci sono delle demo-versions e molti brani live, frutto dell'intenso tour che seguì l'uscita di "Seventeen Seconds". Alcuni di essi erano sulla cassetta "Curiosity", oramai introvabile. Insomma, una chicca per gli amanti dei Cure, che, come me, dopo essersi comperati l'album in vinile a suo tempo, convertitisi al cd qualche anno dopo, hanno ricomprato questo disco, nella nuova veste di doppio cd rimasterizzato e pieno di bonus, senza troppi rimpianti.


Tracklist disco 1
1.: Reflection
2.: Play For Today
3.: Secrets
4.: In Your House
5.: Three
6.: Final Sound
7.: Forest
8.: M
9.: At Night
10.: Seventeen Seconds

Tracklist disco 2
1.: I'm A Cult Hero - Cult Hero
2.: I Dig You - Cult Hero
3.: Another Journey By Train (group home instrumental demo 1980)
4.: Secrets (group home instrumental demo 1980)
5.: Seventeen Seconds (live in Amsterdam 1980)
6.: In Your House (live in Amsterdam 1980)
7.: Three (alternative studio mix 1980)
8.: I Dig You (live at The Marquee 1980) - Cult Hero
9.: I'm A Cult Hero (live at The Marquee 1980) - Cult Hero
10.: M (live in Arnhem 1980)
11.: Final Sound (live in France 1980)
12.: Reflection (live in France 1980)
13.: Plan For Today (live in France 1980)
14.: At Night (live in France 1980)
15.: Forest (live in France 1980)

formazione:
Robert Smith: voce/chitarra
Simon Gallup: basso
Lol Tolhurst: batteria
Matthieu Hartley: tastiere

Acquista i tuoi dischi al miglior prezzo ed in tutta sicurezza su CDandLP.com

SEARCH FOR MUSIC ON