Roddy Frame e la rinascita del pop sentimentale
Aztec Camera, tradotto letteralmente “macchina fotografica azteca” (nome ispirato da una scoperta archeologica, un reperto della civiltà precolombiana), è il gruppo dell’"enfant prodige" Roddy Frame, scozzese di Glasgow, “folksinger” dall’abbigliamento dimesso e dal carattere timido, che fonda la band nel 1980 a soli 16 anni. In una generazione sconvolta dal punk, Frame vuole riportare in auge la canzone romantica e la chitarra acustica in un pop morbido e innocuo che guarda agli anni ’60, segnando la nascita del "twee pop" scozzese.
Tra il 1981 e il 1982 vedono la luce tre singoli, i primi due per la neonata etichetta Postcard (Just Like Gold, Mattress Of Wire e Pillar To Post) che anticipano il primo album High Land Hard Rain (Sire, 1983), che fonde il folk, la canzone romantica e ambientazioni esotiche di gusto sudamericano (Walk Out To Winter, Release). Frame ha registrato il disco a Londra, dove ha sistemato il suo nuovo quartier generale insieme al bassista Campbell Owens, il batterista Dave Ruffey e il tastierista Bernie Clark. Con il secondo album Knife (Sire, 1984) la musica non cambia di molto, con le solite canzoncine retrò (Back Door To Heaven) e qualche buona intuizione (Knife, probabilmente il miglior pezzo mai scritto da Frame), che celebrano le incertezze romantiche degli adolescenti sfuggiti al delirio punk di qualche anno prima. Ma è del 1988 l’esplosione del nome Aztec Camera: l’album Love (Sire), forte di una formazione stravolta e con Frame praticamente “primadonna” del progetto musicale, balza in testa alle classifiche grazie ai singoli Somewhere In My Heart e How Men Are. Il disco vende milioni di copie e Frame, preso da impeto megalomane, organizza un tour portando sul palco ben nove musicisti. Ma il suo pop-soul privo di spina dorsale non sarà un buon viatico per entrare negli annali della storia del rock, nonostante gli sforzi per recuperare un po’ di verve con gli album Stray (Sire, 1990), Dreamland (Sire, 1993), con Ryuichi Sakamoto alla produzione, e l’ultimo Frestonia (Reprise, 1995), vano tentativo di allinearsi alle giovani bands brit-pop, lontane oramai anni luce.
Gli Aztec Camera, a dispetto delle buone premesse maturate a Glasgow, non hanno saputo capitalizzare il momento favorevole, abbandonandosi al facile ascolto e, in eterna ricerca di un’identità mai trovata, ponendosi sempre un gradino sotto le bands pop-revival degli anni ’80.
Aztec Camera, tradotto letteralmente “macchina fotografica azteca” (nome ispirato da una scoperta archeologica, un reperto della civiltà precolombiana), è il gruppo dell’"enfant prodige" Roddy Frame, scozzese di Glasgow, “folksinger” dall’abbigliamento dimesso e dal carattere timido, che fonda la band nel 1980 a soli 16 anni. In una generazione sconvolta dal punk, Frame vuole riportare in auge la canzone romantica e la chitarra acustica in un pop morbido e innocuo che guarda agli anni ’60, segnando la nascita del "twee pop" scozzese.
Tra il 1981 e il 1982 vedono la luce tre singoli, i primi due per la neonata etichetta Postcard (Just Like Gold, Mattress Of Wire e Pillar To Post) che anticipano il primo album High Land Hard Rain (Sire, 1983), che fonde il folk, la canzone romantica e ambientazioni esotiche di gusto sudamericano (Walk Out To Winter, Release). Frame ha registrato il disco a Londra, dove ha sistemato il suo nuovo quartier generale insieme al bassista Campbell Owens, il batterista Dave Ruffey e il tastierista Bernie Clark. Con il secondo album Knife (Sire, 1984) la musica non cambia di molto, con le solite canzoncine retrò (Back Door To Heaven) e qualche buona intuizione (Knife, probabilmente il miglior pezzo mai scritto da Frame), che celebrano le incertezze romantiche degli adolescenti sfuggiti al delirio punk di qualche anno prima. Ma è del 1988 l’esplosione del nome Aztec Camera: l’album Love (Sire), forte di una formazione stravolta e con Frame praticamente “primadonna” del progetto musicale, balza in testa alle classifiche grazie ai singoli Somewhere In My Heart e How Men Are. Il disco vende milioni di copie e Frame, preso da impeto megalomane, organizza un tour portando sul palco ben nove musicisti. Ma il suo pop-soul privo di spina dorsale non sarà un buon viatico per entrare negli annali della storia del rock, nonostante gli sforzi per recuperare un po’ di verve con gli album Stray (Sire, 1990), Dreamland (Sire, 1993), con Ryuichi Sakamoto alla produzione, e l’ultimo Frestonia (Reprise, 1995), vano tentativo di allinearsi alle giovani bands brit-pop, lontane oramai anni luce.
Gli Aztec Camera, a dispetto delle buone premesse maturate a Glasgow, non hanno saputo capitalizzare il momento favorevole, abbandonandosi al facile ascolto e, in eterna ricerca di un’identità mai trovata, ponendosi sempre un gradino sotto le bands pop-revival degli anni ’80.
Discografia:
High Land Hard Rain (Sire, 1983)
Knife (Sire, 1984)
Love (Sire, 1988)
Stray (Sire, 1990)
Dreamland (Sire, 1993)
Frestonia (Reprise, 1995)
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